Tra gli amanti della bici girano informazioni allarmistiche sui rischi per la prostata quando si pedala. Ecco finalmente la verità.
Finalmente è arrivata la Primavera e molti di noi approfittano di queste prime giornate di sole e caldo per un’uscita all’aria aperta, magari per una bella pedalata in bici. I benefici per la salute a 360 gradi – fisica e psicologica – sono noti a tutti e non c’è bisogno di ricordarli in questa sede. Vale invece la pena di approfondire un aspetto molto sentito tra gli amanti delle rue ruote: la bicicletta fa male alla prostata sì o no?
I colleghi di Lecco Notizie hanno interpellato a tal proposito il dottor Salvatore Scuzzarella, un urologo con una lunga e brillante carriera alle spalle. Premessa: le infezioni delle vie urinarie negli uomini sono più comuni di quanto si creda, e spesso si presentano con sintomi minori che vengono sottovalutati, a differenza di segnali più eclatanti come febbre alta, bruciori alla minzione e ritenzione urinaria. L’origine è la ghiandola prostatica, che si comporta in modo simile a una spugna, ma se viene meno un certo equilibrio comincia a sviluppare germi in modo patogeno.
I falsi miti su bici e rischio per la prostata
Il dottor Scuzzarella sottolinea che nello sviluppo di germi resistenti che causano le prostatiti anche la sedentarietà gioca un ruolo importante, in quanto determina un accumulo della vascolarizzazione in regione pelvica favorendo fenomeni infiammatori. Di qui l’importanza di una corretta attività fisica. Camminare, passeggiare, correre, muovere gli arti inferiori consente di drenare il ristagno pelvico e favorisce il drenaggio linfatico. Vale anche per le passeggiate e/o le corse in bici?
Sul punto l’esperto sfata un luogo comune da sfatare: la bicicletta non è dannosa per la prostata, bensì salutare, poiché favorisce il movimento degli arti inferiori. L’unica raccomandazione riguarda il sellino: deve essere adeguata alla conformazione del bacino, con l’appoggio laterale e non centrale sul perineo. Per il resto, possiamo pedalare tranquilli e felici…
In conclusione l’esperto spiega che di recente è stata individuata una terapia non farmacologica per risolvere definitivamente i processi infiammatori cronici: la radiofrequenza endocavitaria, che utilizza onde elettromagnetiche a contatto con gli organi profondi per ripristinare il microcircolo profondo danneggiato. Questa tecnica può essere utilizzata sia nella fase di cura della patologia cronica, sia a scopo preventivo per mantenere il benessere degli organi interni.