L’alternativa alla sterilizzazione chirurgica invasiva per le gatte è in questo momento in fase di studio: una semplice puntura potrebbe essere la soluzione.
Forse la svolta: non più la rimozione chirurgica invasiva delle ovaie sotto anestesia totale, bensì una semplice puntura sottocutanea ed intramuscolare. È un nuovo studio sperimentale che si pone l’obiettivo di mettere a punto una tecnica di sterilizzazione delle gatte non invasiva ed applicabile attraverso una semplice puntura relativamente indolore.
Ad ora i test sono stati condotti su nove gatte. Il contraccettivo non chirurgico è stato creato utilizzando DNA capace di codificare l’ormone AMH, detto antimulleriano, aumentandone il livello tra le cento e le mille volte in più rispetto alla quantità prodotta naturalmente dai mammiferi, in modo da comportare l’inibizione dello sviluppo dei follicoli ovarici.
Ed il risultato a cui sono giunti è promettente: una sola dose iniettata nella coscia è risultata efficace ad inibire la gravidanza di tutte le gatte a cui è stata somministrata, ovvero sei su nove (mentre le altre tre hanno ricevuto un’iniezione di placebo). Ed i ricercatori ritengono che la condizione di sterilità permanga sicuramente per almeno tre anni, con l’ipotesi – da verificare – che possa durare per sempre.
Come sono stati i condotti i test e come si è giunti all’evidenza del risultato
Le nove gatte coinvolte nei test sono state accoppiate per diversi mesi con maschi fertili. E mentre le tre gatte che hanno ricevuto iniezioni placebo sono tutte rimaste incinte, nessuna di quelle trattate con il DNA ha avuto nidiate. Inoltre, come confermato da William Swanson, tra i ricercatori coinvolti nello studio, non è stato riscontrato “alcun effetto collaterale” e tutte le gatte risultano in perfette condizioni di salute.
Quindi il rimedio sterilizzante può valere per qualsiasi mammifero, essere umano incluso? Ebbene, la risposta è negativa e ciò a causa della natura dell’ormone antimulleriano: infatti, variando esso significativamente di specie in specie, per essere compromesso e manipolato il contenuto dell’iniezione dovrebbe contenere il gene specifico di codifica dell’ormone per la specie coinvolta, appunto diverso per ciascuna.
Ciò ha consentito anche di azzerare del tutto i rischi per i ricercatori e gli operatori coinvolti nelle fasi di test i quali, anche nel caso si fossero accidentalmente punti con un ago utilizzato per il trattamento delle gatte, non avrebbero corso alcun pericolo di perdità di fertilità. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Communications, tramite la quale è possibile approfondire i dettagli di tutte le operazioni di ricerca effettuate.