Volersi bene è un’arte, scopriamo in che modo prenderci cura di noi stessi, migliorare la nostra vita (e quella dei nostri cari).
Siamo tutti in cerca di felicità, non è così? A volte, forse, la cerchiamo nei posti sbagliati, altre la confondiamo con stati d’animo come l’euforia, l’allegria, l’entusiasmo, il piacere. Eppure, quando la sensazione di essere felici ci pervade, non possiamo fare a meno di riconoscerla in tutta la sua estaticità e potenza, in quel senso intimo di appagamento e soddisfazione che ci fanno apprezzare il miracolo e il mistero di essere vita.
Negli ultimi anni è sempre più di frequente emersa nel dibattito pubblico la considerazione che per essere felici sia necessario essere egoisti. Ma non è così: l’opinione infatti si fonda sulla crescente diffidenza che una società esasperatamente competitiva come quella contemporanea ha infuso nei confronti dell’altro, presentandocelo e rendendolo un avversario a tutti i costi, perennemente in procinto di privarci di tutto, dal lavoro, alla promozione, ai meriti che ci appartengono, fino agli affetti più cari, seguendo il motto di “mors tua vita mea”.
L’illusione delle illusioni: l’essere umano infatti è un primate gregario, che tende spontaneamente a collaborare, perché in natura riconosce il vantaggio e la convenienza del principio secondo cui il valore della somma delle parti sia maggiore del valore di ciascuna presa singolarmente. In altre parole: l’unione fa la forza. Lo sappiamo bene.
Così come riscontriamo con chiarezza che soltanto una società improntata per interesse sul principio opposto del “divide et impera” può artificialmente, e cioè attraverso leggi arbitrarie ed innaturali, convincerlo ed illuderlo del contrario, costringendolo a competere. Dunque come e perché ricercare la felicità? In una dimensione di inter-dipendenza ed inter-essere tra la nostra individualità ed il mondo esterno?
Ci ricordiamo del detto “Conosci te stesso”? Ebbene, per poterlo fare è necessario giungere ad un sano equilibrio tra la percezione del nostro “mondo interiore” e la percezione del mondo esterno in cui siamo immersi. Tale equilibrio è un equilibrio di tipo esplorativo: molto di noi stessi è azione e deriva dai pensieri, dalle pulsioni e dalle sensazioni che produciamo “organicamente”, dentro di noi in modo spontaneo e naturale; al contempo, molto di noi è reazione e deriva dalle nostre doti di relazione con il mondo esterno.
Quando siamo coscienti tanto delle abilità quanto dei limiti del nostro mondo interiore e comprendiamo in che modo questi “impattino” il mondo esterno, ecco che possiamo dire di conoscere chi siamo, pur in un costante divenire evolutivo. E che giungere alla sensazione di una piena felicità diventa quindi un’esperienza non solo raggiungibile, ma anche frequente.
Certo, più semplice a dirlo che a farlo. Molti di noi infatti spendono le proprie vite tendando di comprendere le proprie pulsioni e sensazioni, ritenendo tuttavia non riuscirci mai appieno. Come fare dunque per semplificare il processo? Ebbene, innanzitutto affrontando la paura del giudizio altrui (una delle reazioni più importanti nei confronti del mondo esterno). E superandola attraverso l’accettazione della propria identità.
Per farlo, è essenziale prendere coscienza del nostro valore, un’azione che riguarda esclusivamente il nostro mondo interiore: non servono paragoni, di alcun genere, bensì occorre essere presenti a se stessi ed attenti nei confronti delle nostre doti, riconoscendone il merito e la preziosissima utilità.
Senza richiedere a noi stessi nulla più di ciò che siamo, ma ancorandoci saldamente alla realtà del nostro essere. Il che ci farà comprendere quanto siamo già abbastanza, al punto in cui siamo giunti, e che questa è solo una delle innumerevoli tappe di un percorso di costante ed interminabile evoluzione.
In questo modo sbagliare non sarà più un problema: al contrario, cominceremo a considerarlo un’opportuna necessità. In altre parole: non solo sbagliare è necessario; è anche opportuno. E farlo in coscienza ci consente di gioire dell’opportunità di aver scoperto una nuova “chiave” di miglioramento imminente.
Tutto ciò, pur nell’imprevedibilità dell’esistenza, ci consente di “avere il controllo” su noi stessi o, per dirla altrimenti, di re-impossessarci della nostra coscienza. Tanto in relazione alla nostra interiorità quanto in relazione alla realtà esterna. E quell’appagamento e soddisfazione che ci conducono alla sensazione di felicità potranno entrare a far parte della nostra quotidianità in ogni istante.
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