Alle volte capita di doversi difendere dai soprusi del proprio datore di lavoro, come nel caso del demansionamento: ecco come tutelarsi
Il fatto che il territorio italiano abbia ancora qualche problema a livello lavorativo non è un mistero. Anzi, è assodato dai tanti numeri negativi che circolano giornalmente Se da una parte si ha un tasso di occupazione in crescendo, attualmente al 60% circa, l’altra il quadro generale resta negativo. All’incirca il 44% dei lavoratori risulta totalmente insoddisfatto del proprio stipendio.
Un’altra motivazione che riguarda questo malcontento è il fenomeno del demansionamento. Ma in cosa consiste? Si tratta di una pratica tristemente diffusa in Italia che riguarda la collocazione di un lavoratore all’interno di un insieme di attività e responsabilità che, a livello di inquadramento, non gli competono affatto. Molto spesso si parla di livello inferiore. Sempre più datori di lavoro sembrano abusare di questa prassi.
Il lavoratore svolge un impiego di livello più basso rispetto al “motivo” per cui è stato assunto. Il datore di lavoro in questione, dunque, si ritrova a declassare senza apparente motivo la figura che ha deciso di inquadrare all’interno della sua azienda. Esiste ovviamente un limite che non deve essere superato, in linea di massima nessun dipendente può ritrovarsi assegnate delle mansioni di livello inferiore.
Bisogna sempre prendere in considerazione il CCNL apposito. IL contratto collettivo nazionale di lavoro del settore di appartenenza contiene al suo interno informazioni come la paga oraria e le mansioni di competenza. Essendo una pratica ingiusta per definizione, come ci si può tutelare?
Demansionamento: ecco come difendersi
Una volta appurato che il demansionamento è un meccanismo illecito in tutto e per tutto, salvo rare eccezioni che difficilmente sussistono, bisogna capire come difendersi. Innanzitutto, come prevede qualsiasi procedura di difesa, ci devono essere delle prove effettive che attestino nero su bianco quanto commesso. Bisogna dunque dimostrare che il declassamento sia tale a tutti gli effetti. Solo in questo modo si possono avere chance concrete di risarcimento.
L’ultimo step per potersi tutelare riguarda un’altra prova. Essendo una pratica illecita, se commessa più volte avrà probabilmente generato dei danni a carico del lavoratore. Ebbene, il quantitativo di danni scaturito dal reiterato comportamento irregolare dovrà essere dimostrato a sua volta.
Con tutte le prove possibili a proprio sostegno è molto probabile che si riuscirà ad ottenere un rimborso. Sperando naturalmente che il datore di lavoro non possa ricorrere a espedienti secondari, quali riassetto delle qualifiche per il bene della produzione e via discorrendo. Insomma, ci si dovrà assicurare di agire nel giusto.