Ci sono tre cibi che faremmo bene a evitare per non sviluppare l’ipertensione. Ecco la spiegazione dell’esperto.
Avanzando con l’età, per cause genetiche, l’uomo tende a diventare iperteso. I numeri lo confermano: l’80% circa della popolazione 80enne soffre di ipertensione.
E tra i giovani cresce l’ipertensione polmonare. A differenza di quanto spesso si crede, l’ipertensione non dà sintomi. La cefalea o l’epistassi possono essere utili solo nella misura in cui inducono a controllarsi la pressione e in tal modo consentono di scoprire il problema.
Secondo le linee guida europee, il valore della pressione deve essere 140-90 (un po’ più bassa nel caso di pazienti diabetici o di aneurisma dell’aorta toracica). Negli Stati Uniti, invece, vige minore tolleranza: la pressione deve essere 130-80. I soggetti a rischio dovrebbero misurarla ogni due settimane, preferibilmente la mattina. Ma torniamo ai fattori di rischio.
Uno dei principali miti da sfatare in tema di ipertensione riguarda proprio il cibo. Non è vero che chi mangia solo cibi naturali e senza sale non diventa iperteso. Come spiega il dott. Natale Di Belardino, primario di cardiologia dell’Ospedale di Anzio, il rischio di sviluppare l’ipertensione c’è a prescindere. Ma l’associazione sale-ipertensione arteriosa va comunque tenuta presente quando andiamo al supermercato a fare la spesa o ci mettiamo ai fornelli in cucina. Optare per alimenti a basso contenuto di sale è sicuramente una buona prassi.
In particolare, è fondamentale leggere con attenzione l’etichetta negli alimenti che si comprano al supermercato. Il livello ideale di sale è sotto ai 2 grammi per confezione: se il limite viene sforato, entriamo in un crinale pericoloso. E occorre usare alcune accortezze che possono giovare alla nostra salute. Tre sono i cibi da evitare nel modo più assoluto: hamburger di carne, insaccati, formaggi (soprattutto stagionati), questi sì ricchi di sale. Tutt’al più i soggetti ipertesi possono assaggiarne un pezzettino una volta ogni tanto.
Occorre inoltre tenere presente che durante le stagioni invernali l’ipertensione si accentua. Il caldo è una sorta di potente farmaco aggiuntivo, un alleato fondamentale nella lotta contro tale disturbo. Basti pensare che in estate si riduce la terapia ipertensiva all’80% dei pazienti. Resta il fatto che l’ipertensione colpisce dal 30 al 45% della popolazione adulta, pari a oltre 20 milioni di persone in Italia, ed è tra le cause principali di morte per infarto e ictus. Guai a sottovalutare il rischio.
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