Sapevi che la ciofeca era la bevanda antenata del caffè? Resterai davvero di stucco quando conoscerai la sua storia!
Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito parlare di ‘ciofeca’ e soprattutto in modo dispregiativo. Il primo forse ad utilizzarla in questo modo è stato Totò, in uno dei suoi film, quando, dopo aver assaggiato un caffè dal sapore orribile, lo ha sputato identificandolo con questo nome.
Ma non è stato di certo l’unico; anzi possiamo dire che da dopo quel momento è stato sicuramente utilizzato per indicare qualsiasi bevanda fosse impossibile da bere e soprattutto per indicare qualcosa di veramente ‘schifoso’. In realtà, la storia di questo termine è molto più antica e non aveva di certo il significato attuale. Era invece la bevanda antenata del caffè. Vediamo insieme di cosa si trattava e come mai ha poi assunto, col passar del tempo, questo significato.
La ciofeca altro non era che un infuso dal colore scuro che si otteneva dalle ghiande tostate e polverizzare: somigliava proprio alla polvere di caffè. Per questo motivo, erroneamente, se si cerca in Internet si vede che la ciofeca è un antenato del caffè. In realtà non è proprio così, perché ha una sua origine ed una sua storia che la classifica proprio come bevanda poco energetica.
Il termine deriva dalla parola araba “safek” che sta ad indicare appunto la bevanda poco energetica di cui sopra. È originario della Calabria, importato dagli arabi nell’alto Medioevo; quest’ultimi si erano stabiliti proprio in questa regione italiana portando con sé le proprie origini e soprattutto la propria cultura culinaria.
La ciofeca, come abbiamo sopra detto, derivava dalla polverizzazione delle ghiande. C’è da sapere che prima le ghiande erano molto importanti nell’alimentazione del popolo italiano, addirittura venivano utilizzate quasi quanto la farina attualmente. Esistevano diversi tipi di ciofeca: quella creata con un’unica ghianda, chiamata appunto “monorigine” e quelle create da più piante.
La sua diffusione si è avuta maggiormente al sud, in particolare in Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia e Campania perché la presenza di querce, da cui derivavano le piante, era di gran lunga maggiore rispetto al nord; si sa che questo tipo di pianta non sopravvive ai climi freddi. Questa è paragonata al caffè ed è identificata come suo antenato proprio perché, come il caffè stesso, veniva bevuta ogni giorno più o meno dal 1300. Il caffè in Italia si diffonde infatti dalla Seconda Guerra mondiale.
A oggi è difficile trovare delle case in cui questa bevanda viene ancora prodotta, anche perché ci vogliono gli strumenti adatti. Al massimo si può sperare di trovare uno di questi strumenti in casolari molto antichi calabresi, ma la possibilità è minima.
Per preparare questa deliziosa bevanda, le ghiande venivano tostate con un torchio, chiamato “atturraturu” e poi polverizzate. Si usava poi la “cicculatera” che era, se vogliamo chiamarla così, l’antenato della Moka. Il sapore che ne veniva fuori era simile all’unione tra l’orzo e il caffè, mentre il colore era quello del caffè stesso. Insomma, una bevanda buonissima, ottima per la salute e che nessuno ormai ricorda più.
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