Perché non ricordiamo le esperienze della prima infanzia: il motivo vero sorprende tutti

Da uno studio empirico è emerso il vero motivo per cui non ci si ricorda mai nulla delle esperienze vissute durante la prima infanzia.

Esplorare con grande curiosità sprigionata da occhi dolci e sorridenti, questo è il ritratto dell’infanzia, soprattutto nei primi anni di vita.

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Ricordi della prima infanzia, non ci riusciamo proprio (Liquida.it)

Il periodo più bello e faticoso al contempo per un genitore poiché si cominciano a vivere le prime esperienze insieme e il bambino inizia a captare i primi stimoli dall’ambiente esterno ma al tempo stesso mantenere alto il livello di guardia per non perderlo d’occhio.

Quando si parla di prima infanzia infatti ci si riferisce a quel periodo intercorso tra 0-2 anni per cui è l’età della prima scoperta in tutto e per tutto, principiando così a costruire il proprio mondo, mediante forme geometriche, i suoni, solitamente i versi degli animali oppure i colori. In una parola un’esperienza sensoriale a 360°, sviluppando anche il tatto, attraverso differenti consistenze.

Probabilmente il periodo più bello della nostra vita in cui ancora tutto era nuovo, da scoprire, non perdendo mai quella luce di meraviglia e stupore. Allora perché non lo ricordiamo? Finalmente, a seguito di indagini e ricerche è emersa la reale spiegazione di questo fenomeno.

Prima infanzia, il motivo per cui non ricordiamo le prime esperienze di vita

Solitamente capita che i ragazzi ormai cresciuti, sopportando qualche momento di nostalgia dei propri genitori questi ultimi dicano: “non te lo puoi ricordare, eri troppo piccolo“. Ci si è mai posti il perché di quest’affermazione?

giochini bambini
Primi ricordi d’infanzia, ce li hai? (Liquida.it)

Le persone che avremmo incontrato, i primi giochi di manualità con mamma e papà eppure non riusciamo a mettere a fuoco nella memoria poiché si conservano dei flashback del passato a partire almeno dalla seconda infanzia, tra i 2 e i 6 anni d’età.

Per rispondere a tale quesito due psicologhe della University of Otago in Nuova Zelanda, Harlene Hayne e Gabrielle Simcock hanno condotto un esperimento con alcuni bambini facendolo loro giocare con un oggetto complesso. L’anno dopo a quello stesso gruppo di infanti è stato chiesto di descrivere proprio quell’esperienza ludica. Il risultato? Hanno provato a illustrarla con le loro parole e gesti.

Il significato di questa indagine racchiude il motivo per cui non abbiamo ricordi corrispondenti al periodo della prima infanzia. Un’argomentazione ragionevole, nella sua essenza magari semplice ma al contempo articolata che permette di risolvere e spazzar via così ogni dubbio all’affannosa domanda secondo cui a quell’età è come se fossimo ancora una ‘tabula rasa‘ nonostante le nostre prime scoperte.

Svelata la verità

Le esperienze della prima infanzia spariscono perché non possiamo ‘catalogarle’ con le parole. Quindi ciò che manca per definirle è il vocabolario che naturalmente a quell’età ancora non si dispone. Secondo il parere delle esperte citate poc’anzi i ricordi esistono nella nostra memoria ma sono prive di ‘indice‘, compiendo tale paragone: “il volume è nello scaffale ma solo il caso lo fa trovare“, hanno affermato.

Un’osservazione interessante che apre un mondo psicanalitico ancor più ampio legato soprattutto alle cosiddette ‘memorie implicite‘, quelle reminiscenze che mettiamo in atto ogni giorno a livello inconscio, sostenute da Alberto Oliverio, Direttore dell’Istituto di Psicobiologia del Cnr, concludendo con la seguente dichiarazione per offrire magari uno spunto di riflessione: “abbiamo imparato davvero qualcosa quando dimentichiamo di conoscerla“.

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