Qual é la differenza tra un posto di blocco ed un posto di controllo? Siamo in molti a ritenere che la risposta esatta sia: “Nessuna”. Ma non é così. Vediamo perché.
Accorgersi di una pattuglia della Polizia Municipale o dei Carabinieri a bordo strada é sempre un brivido, non é così? Anche se non abbiamo nulla da nascondere, né commesso alcuna infrazione, il timore di venire ritenuti in fallo, multati e trattenuti a lungo ci causa quella sensazione di disagio e agitazione che fa sudare le mani e venire i brividi freddi!
E’ il caso dei posti blocco. Ma anche quello dei posti di controllo. Che differenza c’é, direte voi? Beh, sostanziale in realtà: sono due procedure diverse, anche se la maggior parte di noi potrebbe ritenere che “blocco” e “controllo” vengano utilizzati come sinonimi. In comune hanno il fatto di essere entrambe tecniche definite di “presidio del territorio”. Tuttavia hanno ciascuna modalità di esecuzione diverse, che devono essere espletate da personale dedicato e specifico.
E le differenze si vedono anche in termini sanzionatori: per esempio non rispettare un posto di controllo, superandolo nonostante l’intimazione dello stop e procedendo la marcia, comporta una multa di “appena” un minimo di 87,00 euro ed un massimo di 345,00 euro, oltre la decurtazione di 3 punti della patente. Per un posto di blocco invece le cose sono assai diverse: se non lo rispettiamo, rischiamo da un minimo di 1.365,00 euro ad un massimo di 5.467,00 Euro, oltre a 10 punti decurtati dalla patente. E non solo: se gli agenti ritengono che la violazione abbia anche minacciato l’incolumità loro o della pubblica sicurezza, alla multa si aggiunge la possibilità di reclusione dai sei mesi ai cinque anni. Ecco che le differenze cominciano a palesarsi. Ma scopriamole ancora più nel dettaglio.
Partiamo da una considerazione “semantica”: il blocco é un fermo cogente, ovvero che comporta un obbligo inderogabile, mentre un controllo é un’indagine imprevista e randomica. Cosa significa? Nel caso del blocco, l’indagine viene pianificata e messa in atto per necessità di verifiche specifiche.
Ad esempio: durante i lockdown organizzati nei periodi più complicati della pandemia, il Ministero degli Interni italiano aveva disposto posti di blocco con il compito di fermare obbligatoriamente persone a piedi, in bici, alla guida di un auto o di un qualsiasi altro veicolo motorizzato per verificare la legittimità dei loro spostamenti. Questi sono casi eccezionali, che richiedono l’applicazione dei fermi su entrambi i sensi di circolazione e, in circostanze di particolare rilevanza ed allerta, anche l’impiego di strumenti dissuasivi, come la creazione di corsie di canalizzazione o l’utilizzo di bande chiodate antifuga.
I posti di controllo invece sono tutt’altro: servono per prevenire potenziali situazioni di rischio attraverso il fermo casuale, randomico e discrezionale effettuato dagli agenti di polizia o dai carabinieri – in certi casi anche dalla guardia di finanza – nei confronti di conducenti di veicoli, pedoni o ciclisti che inducano le forze dell’ordine a ritenere che possa sussistere una condizione imminente di rischio o di pericolosità. E senza dubbio nel nostro Paese sono le circostanze che ci capita di dover affrontare con maggior frequenza. Sempre con quel brivido che ci scorre lungo la schiena, anche quando siamo sicuri di applicare e rispettare con scrupolo tutti i dettami del Codice della Strada.
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