Cosa significa quando le nostre attenzioni sono tutte rivolte al nostro smartphone invece di essere riservate agli amici di fronte a noi?
Sono circostanze che si manifestano sempre più di frequente: ci troviamo con gli amici per passare una serata insieme, ma finiamo per controllare il nostro smartphone compulsivamente e di continuo. Oppure siamo a casa con la nostra lei o il nostro lui, ma il tempo che passiamo a controllare le notifiche o a scrivere ed a rispondere a messaggi è maggiore rispetto a quello che trascorriamo per comunicare “faccia a faccia”.
È forse il caso di lanciare un allarme del tipo: “Houston: abbiamo un problema!”? Dobbiamo ammetterlo. Ed il problema ha ora anche un nome: è stato battezzato “phubbing”, ovvero un neologismo sincratico (parolona che indica la sincrasi, ovvero la fusione, di due termini diversi in uno solo, che va a creare un neologismo, una parola nuova) che si compone dei termini “phone”, ovvero telefono, e “snubbing”, ovvero l’attività dello snobbare.
Quante volte ci siamo sentiti trascurati a causa di un telefono? E quante volte noi stessi abbiamo “snobbato” un nostro interlocutore per scrivere un messaggio, rispondere ad un’email o per controllare Facebook? Per molti si tratta di una nuova forma di maleducazione, tutto sommato piuttosto semplice da correggere attraverso opportuni ed adeguati metodi educativi. Per altri, invece, tra cui alcuni ricercatori, il problema ha radici più profonde.
Un team di ricercatori dell’Università della Georgia negli Stati Uniti ha provato ad analizzare il fenomeno a fondo. Secondo lo studio, il phubbing avrebbe uno stretto collegamento con l’ansia, la depressione ed anche con alti livelli di nevroticismo. Inoltre, secondo lo studio la tendenza al phubbing aumenta in proporzione al numero di persone presenti: più sono le persone che compongono il gruppo, maggiori saranno i momenti di phubbing intrapresi dai singoli componenti.
“E naturalmente – ha dichiarato Juhyung Sun, autrice principale dello studio – alcune persone che hanno un’elevata ansia sociale o depressione hanno maggiori probabilità di essere dipendenti dal proprio smartphone”, perché in esso trovano una sorta di rifugio in grado di dar loro l’impressione di poter ridurre l’ansia da prestazione in termini di relazioni intrattenute di persona.
Al contrario, gli individui dal carattere più calmo, socievole e sereno hanno mostrato la tendenza ad intrattenere relazioni coinvolte, cooperative ed attente, privilegiando in forma assoluta i presenti ed escludendo in molti casi in toto le ingerenze dello smartphone, preferendo spegnerlo, silenziarlo o lasciarlo all’interno di borse e borselli affinché non arrechi disturbo.
Se percepiamo il “campanello d’allarme”, ovvero se ci accorgiamo di essere cascati ormai in preda del phubbing, l’ideale è non trascurare il segnale, bensì approfittarne per capire se ansia, depressione e nevrosi abbiano preso il sopravvento, e non esitare a parlarne, ad esempio, con il nostro medico di fiducia per porvi rimedio.
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